mercoledì 2 giugno 2010

Ode al Vento Dell'Ovest - Percy Bysshe Shelley

I

Oh tu selvaggio vento dell’Ovest, respiro dell’essenza dell’autunno,

tu, dalla cui invisibile presenza le foglie morte

sono trascinate, come spettri in fuga da un incantatore.

Gialle e nere e pallide e febbrilmente rosse,

moltitudini colpite dalla pestilenza: oh tu

che sospingi ai loro oscuri letti dell’inverno

i semi alati, dove giacciono freddi e profondi,

ognuno come cadavere nella sua tomba, finché

la tua azzurra sorella della primavera soffierà

nel suo corno sulla sognante terra, e colmerà

(guidando i dolci germogli come greggi a pascolare nell’aria)

di vivaci colori e profumi pianura e collina:

oh Spirito selvaggio, che spiri per ogni dove;

distruttore e preservatore; ascolta, oh ascolta!

II

Tu nella cui corrente, in mezzo al tumulto dell’alto cielo,

nuvole sciolte come foglie cadenti della terra sono sparse,

scosse dai rami aggrovigliati di Cielo e Oceano,

messaggeri di pioggia e lampi: là sono disperse

sull'azzurra superficie del tuo aereo ondeggiare,

come i lucenti capelli sollevati dalla testa

d'una feroce Menade, perfino dal fosco margine

dell'orizzonte fino all’altezza dello zenit,

le serrature della tempesta in arrivo. Tu, canto funebre

dell'anno morente, al quale questa notte che sta finendo

sarà la cupola di un sepolcro immenso,

cui fa da volta da tutta la potenza concentrata

di vapori, dalla cui densa atmosfera

esploderanno nera pioggia e fuoco e grandine: oh, ascolta!



III

Tu che svegliasti dai suoi sogni estivi

l’azzurro Mediterraneo, dove giaceva

cullato dal gorgoglio dei suoi flutti cristallini,

accanto a un'isola di pomice nella baia di Baiae,

e vedesti nel sonno antichi palazzi e torri

tremolanti nella luce più intensa dell'onda

tutti sommersi da muschio azzurro e fiori

così dolci, che nel raffigurarli il senso viene meno! Tu

al cui passaggio la potente superficie d'Atlantico

si squarcia in abissi, mentre giù in profondità

le inflorescenze marine e i boschi fangosi, che indossano

le foglie avvizzite dell'oceano, conoscono

la tua voce, e si fanno all'improvviso grigi di paura,

e tremano e si spogliano: oh, ascolta!

IV

Se io fossi una foglia appassita che tu potessi portare;

se fossi una veloce nuvola per volare con te;

un'onda che ansima sotto il tuo potere, e condivide

l'impulso della tua forza, soltanto meno libera

di te, oh tu che sei incontrollabile! Se anche

io fossi nella mia fanciullezza, e potessi essere

il compagno dei tuoi vagabondaggi nel cielo,

come allora, quando superare la tua celeste velocità

a mala pena sembrava una visione, io mai avrei gareggiato

così con te in preghiera nel mio estremo bisogno.

Ti prego, innalzami come un'onda, una foglia, una nuvola.

Cado sopra le spine della vita! Sanguino!

Un grave peso di ore ha incatenato, piegato

uno a te troppo simile: indomito, veloce e orgoglioso.

V

Fa di me la tua cetra, come lo è anche la foresta;

che cosa importa se le mie foglie cadono come le sue!

Il tumulto delle tue potenti armonie

acquisterà da entrambi un profondo canto autunnale

dolce nella sua tristezza. Che tu sia, o spirito fiero,

il mio spirito! Che tu sia me, spirito impetuoso!

Guida i miei morti pensieri per l'universo

come foglie ingiallite per affrettarmi una nascita nuova;

e con l'incanto di questi miei versi,

spargi, come da un focolare non ancora spento

ceneri e faville, le mie parole fra il genere umano!

Che tu sia attraverso le mie labbra, per una terra non ancora desta

la tromba d'una profezia! Oh, vento,

se viene l'Inverno, può essere lontana la primavera?

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