lunedì 13 dicembre 2010

“Il Libro Eterno” intervista: Antonio Manfuso

Foto di Lorena Di Bella
Antonio Manfuso è nato a Pozzuoli nel 1981.
Ha esordito nel 2006 con il primo romanzo “In punta di piedi” che ha vinto il concorso di scrittura cinematografica -Premio Solinas I colori del genere- nella categoria rosa rosso (Storie d’amore e passione).
Nel 2010 ha pubblicato uno stralcio del terzo romanzo “Le ginocchia sbucciate” nell’agenda letteraria -Le opere e i giorni- realizzata da Edizioni Croce (Roma).
Ha inoltre pubblicato il suo secondo romanzo “Le notti di San Francisco” nella collana "Selezione" della casa editrice Zerounoundici Edizioni (potete trovare la mia recensione qui).

Antonio è stato così gentile da rispondere alle domande di questa intervista.


Ciao Antonio e benvenuto nel blog “il libro eterno”, ti va di presentarti ai lettori?

Ciao Ivana e innanzitutto grazie per questa intervista.
Scrivo da sempre (ereditando da mia madre questo “dono”), ma ho esordito come autore nel 2006 con la partecipazione al concorso di scrittura cinematografica “Premio Solinas - I colori del genere” e il primo posto nella categoria rosa-rosso (storie d’amore e passione). Il concorso era stato indetto da Francesca M. Solinas (figlia del celebre sceneggiatore Franco Solinas che ha scritto diverse sceneggiature per Pier Paolo Pasolini). Avevo da poco terminato la stesura del mio primo romanzo, “In punta di piedi”, storia di un amore omosessuale. La giuria (composta, fra gli altri, da Francesca Neri, Gian Marco Tognazzi, Cinzia Th Torrini e la scrittrice Pulsatilla) ha apprezzato moltissimo la mia opera, valutandola come un possibile, interessante progetto cinematografico. Francesca Solinas ne ha scritto una prefazione molto bella. Quello è stato il primo grande passo nella mia meravigliosa avventura di scrittore.

Cosa rappresenta per te la scrittura?

La scrittura è innanzitutto un dono. È catarsi e possessione al contempo. È ciò che mi permette di tirar fuori i miei “dèmoni”. È il canale attraverso il quale esprimo quel senso di nostalgia che mi accompagna sin dalla mia infanzia. È l’occhio con cui guardo il mondo.  

Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Ce ne sono diversi, e ognuno di loro ha un ruolo fondamentale nella mia ispirazione.
Stephen King, per la sua magistrale abilità di utilizzare l’horror come pretesto per indagare l’animo umano e le relazioni.
Alessandro Baricco, per la sublime musicalità delle parole.
Philippe Forest, per il coraggio di scrivere del dolore senza censura alcuna.
Michael Cunningham, per l’emozione che suscita nel narrare le infinite, meravigliose contraddizioni della natura dell’uomo.  

Vuoi parlarci del tuo ultimo romanzo “Le notti di San Francisco”?

A dispetto dei personaggi e dell’ambientazione, è un romanzo che mi piace definire “autobiografico”. In gran parte, si riferisce infatti a quella che è stata la storia d’amore più importante della mia vita. Un romanzo semplice, lineare, un po’ “fuori” dal mio stile consueto, che invece è molto più intimistico e complesso. Complesse e  “folli” sono piuttosto le emozioni che lo animano. Ciò che lo rende molto bello, a mio parere, sta nella sua capacità di dimostrare che le apparenze sono spesso insidiose, e che – alla luce di un evento drammatico e stravolgente come la morte di qualcuno che amiamo – le persone diventano davvero capaci di sorprenderci, creando legami che prima avrebbero considerato impossibili.

Che metodo di lavoro hai seguito per scrivere il romanzo? Quali sono state le tue ispirazioni per i personaggi, l’ambientazione e la trama?

Quando scrivo non seguo un metodo preciso, sono piuttosto istintivo e viscerale.
A volte l’ispirazione giunge d’improvviso ascoltando una canzone (i miei romanzi, infatti, sono sempre arricchiti da riferimenti musicali), guardando un film o semplicemente vivendo la vita di ogni giorno. Mi piace immaginare i dialoghi dei miei personaggi, perdendomi in lunghi soliloqui. Mi piace osservare il mondo, le persone le situazioni e “rubare” qualcosa di prezioso da tutto ciò.
Non credo, infatti, che uno scrittore possa permettersi il lusso di starsene sulla torre d’avorio: per scrivere bisogna immergersi nella realtà quotidiana e sbatterci contro, se necessario.
La morte è il motore iniziale del romanzo, e il perno attorno al quale si muove tutta la storia e l’evoluzione dei personaggi. Credo che ognuno di loro possegga caratteristiche del mio essere, unite ad alcuni tratti fondamentali delle persone importanti della mia vita.
Il romanzo è basato sulla tecnica del flashback, elemento assolutamente necessario per viaggiare da un livello all’altro, fra diverse dimensioni temporali che assolvono al compito di indagare più approfonditamente nel passato di ogni personaggio.
Il lavoro più arduo e tecnico è stato proprio quello dell’ambientazione. Non avendo mai visitato personalmente San Francisco, ho dovuto fare un lungo e preciso lavoro di documentazione. Volevo quella città a ogni costo!

C'è un personaggio a cui ti sei particolarmente affezionato?

Fin da piccolo, ho sempre nutrito un debole per i personaggi “cattivi”, gli antagonisti.
Mi sono divertito tantissimo a caratterizzare Ethan Connelly e Jodie Highwood, che sono le due “pecore nere” del libro!
Credo fermamente che la “redenzione”, l’evoluzione psicologica di un personaggio negativo, sia molto più commovente e interessante di quella di un personaggio positivo che in fin dei conti rimane uguale a se stesso.
Ethan è sicuramente il mio preferito, gli voglio molto bene!

Hai pubblicato il tuo romanzo con la Zerounoundici, come ti sei trovato con questa casa editrice?

È finora l’unica casa editrice che mi ha offerto un regolare contratto di edizione senza chiedere alcun contributo economico. A buon intenditore, poche parole…

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Per ora sono concentrato sulla promozione/distribuzione del romanzo, cosa tutt’altro che semplice perché occorre trovare efficaci canali di lancio. Inoltre, sono alquanto ispirato e devo ancora decidere se la mia prossima storia sarà incentrata sul fantasy o sul thriller. Basti pensare che “In punta di piedi” nella prima stesura s’intitolava “Vortice” ed era un noir. E invece, ha vinto un concorso cinematografico come migliore storia d’amore. La mia ispirazione, inizialmente, è abbastanza mutevole!

Vuoi aggiungere qualcosa prima di salutarci?

Vi ringrazio ancora una volta per avermi offerto questa preziosa  occasione, e spero che questa intervista renda qualcun altro curioso di conoscermi meglio attraverso la lettura del mio romanzo.

Grazie Antonio!  E per chi volesse approfondire questa è la sua pagina facebook 

1 commento:

  1. Trovo interessante questo spazio riservato ad autori ancora poco noti. E' un'iniziativa originale e utile.

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