martedì 28 giugno 2011

“Il Libro Eterno” intervista: Rita Charbonnier

Rita Charbonnier è nata a Vicenza e ha vissuto a Matera e Mantova. Adesso vive a Roma. Ha fatto studi musicali e ha frequentato la Scuola di Teatro dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa. È stata attrice e cantante in teatro, recitando al fianco di celebri artisti, per poi dedicarsi prevalentemente alla scrittura. Ha collaborato come giornalista con riviste di spettacolo, ha scritto soggetti e sceneggiature per la televisione, e tre romanzi: “La sorella di Mozart”, uscito per Corbaccio nel 2006 e riedito da Piemme nei Bestseller (2011), “La strana giornata di Alexandre Dumas” (Piemme 2009), e “Le due vite di Elsa”, uscito a maggio.

Rita è stata così gentile da rispondere alle domande di questa intervista.

Ciao Rita e benvenuta nel blog “Il libro eterno”, ti va di presentarti ai lettori?

Risponderò in modo semiserio, perché la presentazione “ufficiale” l’hai già fatta tu. Vediamo… mi piace molto ascoltare musica, ad esempio Alanis Morrissette, De André, Mozart e Prince (in ordine sparso); scelta dalla quale si desume, ahimè, che non sono più giovanissima. Mi piacciono le meringhe e le meringate. E i pistacchi tostati. Non necessariamente insieme alle meringhe, anzi direi che la sequenza ideale è: 3 etti di pistacchi con 2 bicchieri di Gewürztraminer ben fresco, e a seguire 3 etti di meringhe con 2 bicchieri di Passito di Pantelleria. Il tutto alla sera, magari su una spiaggia, con il sole all’orizzonte che pian piano si tuffa nel mare (seguito dalla sottoscritta sbronza). Scherzo!

Quando è nata la tua passione per la scrittura e cosa rappresenta per te?

La scrittura rappresenta per me una necessità, un’occasione di ricerca personale e di comunicazione. Riguardo alle origini di tutto questo, bisogna andare parecchio indietro. Sono l’ultima di sei figli, mia sorella e i miei fratelli sono molto più grandi, e sono stati loro a insegnarmi a leggere, verso i quattro anni. Ho iniziato a scrivere quasi subito: poesie, raccontini, e più tardi un giornalino di quartiere. Allora i blog non c’erano. C’erano le macchine da scrivere e la carta carbone; per raggiungere la tiratura di 15 (!) copie dovevo battere a macchina l’intero giornale cinque volte, perché più di tre copie carbone alla volta non venivano. Scrivere era un godimento e avrei sopportato anche di peggio; forse cercavo l’approvazione del mio ambiente, forse la soddisfazione di un’esigenza, forse entrambe le cose.

Quali sono i tuoi autori preferiti?

Quelli che mi emozionano. Il primo nome che mi viene in mente è quello di Ian McEwan. Ho letto “Espiazione” solo di recente e l’ho trovato stupendo; gli altri suoi romanzi li avevo già letti tutti. Amo molto McEwan perché sotto un’apparente freddezza è capace di far provare al lettore sentimenti intensi e talvolta persino violenti. Molti autori, del presente e del passato, italiani e stranieri, mi hanno fatto ridere a voce piena; Mark Twain e Groucho Marx, ad esempio. Molti altri mi hanno fatto soffrire… ricordo quando, da bambina, lessi “Il cucciolo” di Marjorie Kinnan Rawlings e, giunta all’ultima pagina, lo scagliai contro il muro! Non riuscivo a sopportare il dolore che mi dava il finale della storia. Diversi romanzi mi hanno profondamente commossa e mi hanno fatto comprendere aspetti fondamentali dell’esperienza umana, come “La Storia” di Elsa Morante, un classico imprescindibile. Molti autori mi hanno sopraffatta con le meraviglie che sono stati capaci di creare; penso ad esempio ai grandi romanzi del nostro dopoguerra, come “Il sentiero dei nidi di ragno” di Calvino o “Una questione privata” di Beppe Fenoglio; ma nessun autore tranne McEwan è stato capace di farmi lanciare un grido di orrore (quando ho letto “Cortesie per gli ospiti”). Un grido di fronte a un libro, un oggetto inerte: è una cosa che non si verifica facilmente.

Ci vuoi parlare del tuo romanzo “Le due vite di Elsa”?

È un viaggio delicato e complesso nell’essenza della protagonista, una ragazza che vive a Roma durante l’era fascista e nel 1931, quando inizia la narrazione, ha vent’anni. Oppressa da restrizioni sociali e familiari, Elsa vive un drammatico conflitto interiore; lotta per esprimersi, ma non riesce neppure a parlare ed è affetta da attacchi isterici. Nella sua vita d’un tratto irrompe una potente figura simbolica, quella di Anita Garibaldi, una donna forte e coraggiosa che è il suo esatto opposto. Dopo un percorso di rimozione, ricordo e rielaborazione delle sue memorie e dei suoi segreti, la vera identità di Elsa, limpida e luminosa, finalmente emerge.

Perché la figura di Anita Garibaldi ti ha interessato così tanto?

È stata una donna straordinaria, non trovi? In un primo momento, quando intrapresi la stesura del libro, immaginavo di elaborare una sua biografia romanzata, che andasse a completare quel trittico di ritratti di donne inaugurato dai miei precedenti romanzi “La sorella di Mozart” e “La strana giornata di Alexandre Dumas”. Gradualmente, però, avvertii come l’ingombrante alone di notorietà che circonda la figura di Anita la allontanasse sempre più da me. Allora decisi di spostare il baricentro del racconto e orientare la linea di ricerca verso un nuovo punto di vista. E così è nata Elsa, un ‘alter ego’ di Anita, che racchiude in sé tutto ciò che lei non fu: un concentrato di difetti e paure. Solo quando Elsa riesce a fondersi con l’intrepida guerriera sudamericana, riesce anche a sciogliere le ombre del suo passato e dare risposta alle domande che la attanagliano.

Quanto tempo hai dedicato alla ricostruzione storica della trama?

Ora ti farò una confessione. Ogni tanto mi viene detto, come fosse un gran complimento, che i miei romanzi sono “molto documentati”. E mi si chiede “come ho fatto” a ricordarmi tutte quelle cose, a riprodurle con quella naturalezza, eccetera. La verità è che la ricerca storica è per me la parte più leggera del lavoro; e soprattutto, ha un’importanza relativa. Non esiste nulla di “vero” in una ricostruzione storica. Il racconto della Storia, anche quello che viene fatto dallo storico, non è che il racconto di un punto di vista sulla Storia stessa. Per me i personaggi sono archetipi; tutti, anche quelli che si basano su persone realmente esistite. Alla base dei miei racconti c’è una ricerca psicologica: quello è il centro del mio interesse, che va ben oltre il contesto storico.

Come nascono le tue storie? Ha dei rituali che segui o delle manie quando scrivi?

Manie e rituali… ne ho non pochi! Di solito, quando lavoro a un romanzo, mi isolo: rimango chiusa in casa, con il telefono staccato e la connessione internet disattivata, così da potermi concentrare meglio. So che alcuni autori amano scrivere ascoltando musica; per me, anche se la musica fa parte della mia vita, o forse proprio per questo, ascoltarla quando elaboro un testo sarebbe invece una distrazione. A meno che quel che sto scrivendo non riguardi uno specifico brano musicale; in quel caso ne programmo la ripetizione continuata sullo stereo, mi siedo al pianoforte e suono qualche nota, poi torno al computer e butto giù a ruota libera le immagini che mi appaiono davanti agli occhi… e non di rado piango.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Sto lavorando a un nuovo romanzo incentrato su una figura femminile, che però non avrà proprio nulla di storico. Sono in una fase ancora iniziale, quindi non posso essere più specifica… magari ne riparliamo tra qualche tempo!

Vuoi aggiungere qualcosa prima di salutarci?

Grazie di cuore per l’intervista, complimenti per il tuo bel blog e un caro saluto alle tue lettrici e ai tuoi lettori.

Grazie a te Rita!

Questa è la sinossi de "Le due vite di Elsa"

Elsa non si è mai sentita parte della sua famiglia. Forse perché è una ragazza difficile, fragile; almeno questo è ciò che le hanno sempre detto. Troppo timida e debole di nervi rispetto a loro, gli eredi risoluti e arroganti di una delle famiglie più in vista della Roma fascista. Fino ai vent'anni Elsa ha seguito docilmente il volere del padre e della zia, facendo sempre ciò che ci si aspettava da lei, anche quando si trattava di esporsi alla derisione e allo scherno, salendo sul palco di un teatro per interpretare il ruolo di Anita Garibaldi in un'orribile pièce voluta dal regime. Tuttavia, proprio grazie al teatro e, soprattutto, al personaggio di Anita, Elsa scopre una se stessa che non pensava esistesse. L'incontro con quella donna impavida, forte, bella, la cambia nel profondo. Anita è tutto ciò che lei non è mai stata, ma Elsa sente che tra loro c'è un legame. Ogni notte, la timida Elsa abbandona le proprie insicurezze per diventare Anita, l'eroina dei due mondi. Grazie a quei sogni si trasforma e comincia a fare cose che non aveva mai fatto prima: fugge di casa, cammina scalza per le strade di Roma e grida tutto il dolore che ha racchiuso in sé per troppo tempo. Per la sua famiglia, però, questo non è accettabile. La ragazza deve essere allontanata, perché le sue non sono più stramberie, è pazza, e potrebbe rovinarli. Nell'ospedale svizzero in cui viene rinchiusa, Elsa scopre le sbarre, il torpore malsano dei medicinali e l'assenza di libertà...

Titolo: Le due vite di Elsa
Autore: Rita Charbonnier
Editore: Piemme
Data di Pubblicazione: 2011
ISBN: 9788856612370
Dettagli: p. 344

3 commenti:

  1. non ho letto ancora nulla della charbonnier, ma mi ispira molto la sorella di mozart, poi il fatto che le piaccia McEwan me la rende simpatica :)

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  2. la sorella di Mozart è tra le mie prossime letture :-)

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  3. bene, così mi dirai se vale la pena acquistarlo, aspetto la recensione !

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