Cari
lettori
oggi vi
segnalo un titolo di un esordiente italiano, un giallo storico fantasy
ambientato nel 1600 tra Pisa e Lunigiana.
La
protagonista è Debrena Mori, una giovane donna cieca che vive a Pisa e occupa
la posizione di Primo Siniscalco dell'Ufficio Indagini Speciali dei Reali
Moschettieri al tempo del regno di Ugolino V della Gherardesca.
Debrena
non è una ragazza come le altre, da bambina è stata colpita da un fulmine e ha
ricevuto un dono (o maledizione) inatteso, riuscire a vedere gli spiriti dei
morti assassinati...
La signora che vedeva i morti di Marco Bertoli
Un Brano
pubblicato da Felici Editore
In un XVII secolo
molto simile a quello vero, tra Pisa e la Lunigiana, Debrena Mori, primo
siniscalco dell’ufficio indagini speciali dei reali moschettieri durante il
regno di Ugolino V della Gherardesca, svolge con perizia e freddezza la propria
funzione. Un tempo, però, era stata solo una giovane donna del popolo, cieca ma
capace di vedere le anime dei defunti. Manfredi Gambacorti, colonnello dei
reali moschettieri e Franco Gentilini, mago giudiziario, entrambi funzionari
investigativi, indagano su una serie di indecifrabili suicidi e su un omicidio
altrettanto misterioso... un giallo in costume dove la Storia si narra con
rigore.
Debrena si dissolse in
quella luce. Di colpo fu buio.
Il temporale passò e il
pomeriggio svanì nella quiete del tramonto.
Giunse la sera.
Tra un festoso frinire
di grilli, un padre affranto e senza più voce, ritrovò la propria figlioletta.
Il cuore ricolmo
d’angoscia si avvicinò a passi lenti al quel piccolo fagotto immobile, riverso
sotto il tronco semi incenerito e ancora fumante di quello che il mattino era
stato un albero orgoglioso.
L’odore acre e il lieve
sentore di carne bruciata che aleggiavano nell’aria ora tranquilla gli fecero
temere il peggio.
La vista della
minuscola carcassa contorta, pressoché indistinguibile dai pezzi di legno
strinati sparsi sul terreno vicino alla bambina, gli congelò il sangue nelle
vene.
Temette di non farcela
a percorrere quell’ultimo passo.
Era un uomo dalla
schiena dritta, abituato a una vita di duro lavoro in cui stenti e sofferenze
erano stati spesso il suo salario giornaliero e lo avevano segnato nel fisico.
Calli e cicatrici deturpavano un corpo ora magro come un’acciuga ma resistente
come il miglior acciaio di Toledo, che una volta aveva fatto impazzire le
ragazze.
S’inginocchiò.
Avvezzo alla sua
quotidianità e alle sue forme, la morte non gli faceva paura, eppure, in quel
momento, grosse lacrime d’infinita disperazione gli scesero lente lungo le
guance ispide.
Serrò le mascelle e si
costrinse ad allungare la mano tremebonda verso la spalla di Debrena.
Una sensazione gelida
gli pervase le dita dalla pelle dura e spessa come il cuoio conciato, facendogli
saltare un battito del cuore.
Trattenne il fiato.
Supplicò il Cielo con
tutta la fede che gli riuscì di trovare, poi scosse dolcemente la bimba,
sussurrando piano il suo nome, come se paventasse di svegliarla.
Un debole gemito di
risposta lo rincuorò. La gioia lo sopraffece a tal punto che credette di
morire.
Senza il minimo sforzo
prese in braccio Debrena, reggendola con estrema delicatezza, come fosse una
fragile e preziosa porcellana, quindi, rialzatosi, si incamminò verso casa.
Lungo il cammino non
ebbe alcuna vergogna di piangere di sollievo, anzi, diede libero sfogo
all’ansietà che lo aveva artigliato durante la ricerca della sua creatura,
singhiozzando quietamente.
Rinvenne nella memoria
parole dal suono strano e la sua voce roca intonò, storpiandolo al meglio, un
inno di ringraziamento a Dio misericordioso per aver risparmiato la vita della
figlia.
I grilli si unirono di
buon grado a quel canto in latino maccheronico cui seguì, senza soluzione di
continuità, un miscuglio confuso di attestazioni di amore paterno, rimproveri e
crucci per la salute della bambina.
Frasi senza senso e
nesso logico, pronunciate all’unico scopo di tranquillizzare la bambina e
alleviare il peso che gravava tuttora su quel tenero cuore paterno.
Erano prossimi alla fattoria
quando Debrena aprì gli occhi, mormorando piano: «Babbo?»
L’uomo chinò la testa,
fissando lo sguardo sull’amato visino infantile.
Il sorriso svanì dalle
sue labbra e una fiumana di orrore gli travolse l’anima.
L'autore
Marco Bertoli è nato a Brescia nel 1956 da genitori lunigianesi. Dopo aver vissuto vent’anni a Cesena, si è trasferito a Pisa dove si è laureato in Scienze Geologiche. Lavora come tecnico di laboratorio al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. Saggi di storia militare e gialli storici costituiscono le sue letture preferite.
Marco Bertoli è nato a Brescia nel 1956 da genitori lunigianesi. Dopo aver vissuto vent’anni a Cesena, si è trasferito a Pisa dove si è laureato in Scienze Geologiche. Lavora come tecnico di laboratorio al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. Saggi di storia militare e gialli storici costituiscono le sue letture preferite.
Autore: Marco Bertoli
Titolo: La signora che vedeva i morti - Un giallo storico tra Pisa e la Lunigiana
Anno di pubblicazione: 2012
Genere: Narrativa
Formato: 12x17
Legatura: Brossura
Pagine: 360
Illustrazioni: Nessuna
Editore: Felici editore, collana Caleidoscopio
ISBN: 978-88-6019-605-7
Prezzo di copertina: € 13,00
sto leggendo questo libro dopo averlo visto segnalato Vincitore del Premio Regione Toscana come il più votato on line, e lo consiglio a chi è interessato a storie un pò gialle un pò fantasy ma soprattutto a chi vuole avere una visuale storica del periodo in cui si svolge la trama
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