sabato 26 marzo 2011

La figura di cera - Riccardo D'Anna

Introduzione

Il romanzo gotico è un genere narrativo che si è diffuso in Inghilterra a partire dalla seconda metà del settecento, gli elementi dominanti sono la paura e il soprannaturale, e un certo gusto dell’orrido e del macabro in netto contrasto all’armonia del classicismo.
Questo amore per il mistero e il terrore si può collegare alla teoria del “Sublime e del Bello” dello scrittore e filosofo britannico Edmund Burke (1729-1797).
Secondo Burke è Sublime "Tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore, è una fonte del sublime; produce cioè la più forte emozione che la mente è capace di sentire".
Ma questo gusto per il “nero” nasce a causa degli sconvolgimenti delle grandi rivoluzioni (politica e industriale) che hanno provocato smarrimento e angoscia nell’uomo del settecento.
Il romanzo gotico si manifesta come “reazione” alle paure ancestrali dell’uomo con la voglia di scoprire il fantastico e il soprannaturale.
La letteratura gotica si caratterizza come letteratura dell’orrore, infatti spesso ricorrono i temi della morte, della possessione demoniaca e del male.
I romanzi più famosi sono “Il castello d’Otranto” di Walpole, “Il monaco” di Matthew Lewis, “Frankestein” di Mary Shelley, “Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde” di Robert Louis Stevenson e Dracula di Bram Stoker.

Grazie al successo di Dracula (ispirato a “il vampiro” di Polidori e “Carmilla” di Le Fanu) il vampiro diventerà un personaggio letterario che conquisterà i lettori fino ai giorni nostri.
In libreria ci sono tantissimi romanzi sui vampiri, anche se in molti casi il protagonista non è più un mostro senza cuore che rappresenta la paura dell’ignoto e della morte, ma studenti che s’innamorano dell’umana di turno e cercano di soffocare la loro natura vampiresca (tipo Edward Cullen di “Twilight” o Stefan Salvatore del “diario del vampiro”).
Ma la casa editrice Gargoyle (specializzata in romanzi dell’orrore e gotici) nel 2009 ha pubblicato una vera chicca del genere: “Il morso sul collo” di Simon Raven.
Il romanzo affronta il tema del vampirismo in maniera del tutto insolita, niente canini in bella vista ma tanta paura e suspance.
Nel 2011 lo scrittore e saggista Riccardo D’Anna ha deciso di rendere omaggio all’opera di Raven con un seguito ideale de “il morso sul collo”:
“La figura di cera” (Gargoyle) che inizia dal finale del precedente e con gli stessi personaggi: il maggiore Anthony Seymour come voce narrante, l’ispettore John Tyrrel e lo studente anticonformista Piers Clarence...

Contenuto

Londra 1958. Una serie di misteriosi suicidi preludono alla riapertura di un caso risolto forse solo in apparenza, denso di preoccupanti e inaspettati sviluppi. La scomparsa dalla tomba di una marchesa caduta in disgrazia, da poco defunta fra le mura di un appartamento londinese – donna dall’indiscutibile fascino, musa ispiratrice di D’Annunzio, appassionata di occultismo e interprete dei brillanti riti della belle époque – muove i protagonisti, in una corsa contro il tempo, alla ricerca del suo calco di cera da cui ella avrebbe potuto riattingere vita. Dopo un incontro a Venezia con Peggy Guggenheim, i nostri eroi si vedranno costretti a recarsi a Berlino, in una citta' che mostra ancora le ferite della guerra e dove sopravvivono gli ultimi scampoli di quelle societa' segrete che furono legate ai presupposti oscuri e alle origini magiche del nazismo.

Recensione

I romanzi gotici mi affascinano da sempre (ho letto quasi tutti i classici citati nell’introduzione) e “La figura di cera” ha tutte le caratteristiche del romanzo gotico classico, una buona dose di mistero, suspance e morte, condita da un bella trama appassionante e intrigante che coinvolge dei personaggi inventati e realmente esistiti (come Peggy Guggenheim).

Il maggiore Anthony Seymour è la voce narrante della vicenda, un co-protagonista della storia con l’ispettore Tyrrel e il giovane Clarence, questo rapporto tra i tre ricorda molto il legame tra Sherlock Holmes e Watson (citati nel romanzo) dove il detective indaga e Watson è la spalla che lo aiuta e deve raccontare le avventure, solo che nel romanzo Tyrrel e Clarence si alternano a investigatori di turno…
La femme fatale della storia è la marchesa Lucrezia d’Ateleta di Montevago, la musa del grande Gabriele D’Annunzio. Un personaggio inventato? Solo il nome, ma è facile scoprire la sua vera identità (che non svelo).
Collezionista di animali esotici, amante dell’arte e dell’occulto, la marchesa ha vissuto una vita eccentrica e scandalosa, e il grande Vate le ha dedicato una poesia nel suo "Libro segreto": Notes pur la figure de cire (la figura di cera, appunto).
Ossessionata dall'immortalità, ha commissionato una statua di cera con le sue stesse sembianze per ritornare in vita dopo la morte...
Nonostante la sua non-presenza è il personaggio fondamentale della storia.

Il romanzo mi è piaciuto molto, i personaggi sono ben delineati e ho apprezzato tutte le citazioni “famose” (film, romanzi e personaggi realmente esistiti), riportate nelle note finali di ogni capitolo.
L’autore è riuscito a creare un sequel ben scritto e con una trama avvincente e scorrevole che vi terrà incollati dalla prima all’ultima pagina.

Assolutamente Consigliato

Voto: 4/5 stelle anobiiane

  • Titolo: La figura di cera
  • Autore: Riccardo D'Anna
  • Editore: Gargoyle Books
  • Data di Pubblicazione: 2011
  • ISBN: 9788889541531

L'autore

Riccardo D'Anna è nato nel 1962 a Roma, dove vive e lavora. Saggista e scrittore, ha pubblicato Una stagione di fede assoluta (PeQuod, 2006) e Saint-Ex (Avagliano, 2008).

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