Nella nostra più verde vallata,
dagli spiriti buoni abitata,
una volta sorgeva un castel:
là viveva il «Monarca Pensiero»
e giammai su castello più nero
spiegò il vol cherubino del ciel.
Alla torre un’insegna giuliva
dipingeasi — e questo avveniva
nelle antiche, antichissime età —
e allorquando soffiavano i venti
nelle ardite muraglie fiorenti,
vaghi olezzi spiravan di là.
E dall’ampie finestre i viandanti
travedevano spirti festanti
i concenti d’un liuto seguir,
e all’armonico e magico suono
mover tutti d’intorno ad un trono
dove stava uno splendido sir.
E allorquando la porta s’apriva,
di quel vasto palazzo, s’udiva
come un suono di cetere d’or:
torme d’echi per l’aëre blando
transvolavano sempre, inneggiando
alla gloria del loro signor.
Ma lugùbri fantasmi di morte
là piombarono, e infrante le porte
quel monarca cacciaron di là,
e il castello, sì ricco di gloria,
non fu più che un ricordo, una storia
delle antiche, antichissime età.
Il viandante ora scorge dai vetri,
fosche e strane figure di spetri
passeggiar per le scale su e giù.
Il castello ha una tinta sanguigna,
e la torma di larve sogghigna
non potendo sorridere più!
Traduzione di Ernesto Ragazzoni
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